Il Nuovo che avanza.
Se è vero che il Nu-Metal è il genere di rock pesante imperante in questo periodo, e che i Limp Bizkit ne sono i dominatori e i porta-bandiera, almeno a livello di vendite e di riconoscimenti ufficiali, dobbiamo annoverare fra i nuovi virgulti di questa corrente questi giovanissimi Linkin Park, giunti alla loro seconda fatica discografica (la prima delle quali a livello puramente underground) dall'emblematico titolo di Hybrid Theory.
Forti di un contratto con la Warner Bros., i sei ragazzi (il gruppo è composto da un batterista, un bassista, un chitarrista, un DJ e ben due vocalist, uno alle prese con il cantato rap e l'altro con la voce per così dire tradizionale) ci rifilano 12 brani dalla durata media non superiore ai 3 minuti e mezzo.
Il disco scorre via quindi compatto e immediato, fra duri riffs di chitarra bassa e distorta, sferzate di basso, ritmi incalzanti dettati a volte dalla batteria e a volte dai loops e dalle campionature del DJ, e su tutto questo furoreggiano le due sfacceture del cantato, miscuglio ben bilanciato fra le grida di un ottimo Chester Bennington e il cantato sincopato del rapper di origini orientali Mike Shinoda.
Devo dire che la formula è di sicuro effetto per chi ama "cibarsi" di sonorità dure e grezze senza andare a ripescare il metal dei bei tempi che furono nè quello estremo di certe band scandinave degli ultimi periodi.
Le influenze del gruppo appaiono chiare fin da subito, ma fra i solchi dell'album filtra anche la volontà di andare a cercarsi una propria strada, una originalità non facile nel vasto panorama odierno del Nu-Metal, disseminato di gruppi e uscite discografiche.
In definitiva Hybrid Theory risulta essere una prova discreta, ben prodotta, mai noiosa se non in brevissimi frangenti, dotata di ottimi potenziali singoli (su tutti Papercut e una In The End dotata di un ritornello che si mette subito in testa e non si toglie più), e in grado di accontentare sia i palati più raffinati che i moshers più incalliti.
I Linkin hanno già fatto incetta di riconoscimenti nella natìa America e, anche se il loro live-set è senz'altro migliorabile negli anni (difetto perdonabile data la loro età appena post-adolescienziale), saranno una sicura sorpresa per i rock fans da questa parte dell'oceano.
Li attendiamo ad una prova più matura, il tempo è dalla loro, speriamo anche l'ispirazione.
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