Chi è Lenny Kravitz? Semplice: è quel ragazzone americano nato da una coppia atipica (Ebreo il padre, Afro-americana la madre), cresciuto nella Grande Mela a pane e musica. Che genere di musica? Di tutto: musical stile Broodway, dischi della Motown (l'etichetta che ha dato il via alla tradizione Soul e Rithem and Blues di Aretha Franklin e James Brown), Folk singers della West Coast, l'immancabile Jimi Hendrix e tanto, tanto ancora...
Potevano tutte queste influenze non lasciare un segno indelebile in questo precoce musicista, la cui esistenza fin da subito è stata votata alla composizione di brani e melodie, e che giovanissimo ha esordito su disco, regalandoci quella perla chiamata "Let Love Rule".
A distanza di anni, passati a vivere la vita sulla propria pelle, incamerando esperienze sia live che in studio, Lenny arriva con questo album che, molto significatamente porta il suo nome di battesimo, a poca distanza fra l'altro da un ulteriore capitolo della sua consolidata carriera, e soprattutto da quel Greatest Hits del quale sono state vendute ben otto milioni di copie.
Lenny, appunto, come a ribadire il fatto che con un simile personaggio non si ha certo bisogno di parole inutili. E Lenny (il disco) è proprio questo, solo questo, nientraltro che questo: la voce di un musicista, il suo carattere, le sue radici, ora blues, ora rock, ora soul, ora chissà cos'altro.
Lenny... Lenny e nientr'altro.
Si inserisce il CD nel lettore, si schiaccia Play e veniamo catapultati in una battaglia dalla quale emerge un solo vincitore: il riff sporco di "Battlefields Of Love" e quella sua voce, che molti (e molte) hanno imparato ad apprezzare.
Dopo un simile folgorante inizio si prosegue attraverso "If I Could Fall In Love", altro incalzante brano giocato su parti veloci che si alternano a momenti più cadenzati, stile che ben rappresenta tutto il contenuto del lavoro. Lo stessa cosa è avvertibile nella seguente, più meditata, "Yesterday Is Gone", dove la musica si fa dolce e sensuale (ricordate "Stand By My Woman", il risulatato è simile). Si arriva al singolo, "Stillness Of Love", fantastica nell'equilibrio perfetto fra ballata triste e malinconica e brano dall'incedere inesorabile. Un gran bel brano senza dubbio, forse il più bello dell'LP.
Lenny si riscopre anche amante del Boogie-Rock, lo dimostra una "God Save Us All", cadenzatissima, dove il buon Lenny gioca con la sua Gibson nel seguire le trame dei suoi accordi sfocianti in un breve solo che sa di Whiskey, delta del Mississippi e tradizione Blues.
Tutto questo è spazzato via da "Dig In", vera delizia di questa uscita: un brano ruffiano, veloce, dal perfetto air-play radiofonico, ma tutto fuorché banale. Qui è la rabbia a dominare, l'ardore Rock che smuove anche "Bank Robber Man", un ingrediente immancabile nella ricetta di Mr. Lenny Kravitz.
Logicamente ha ancora una volta fatto tutto da solo, dalla registrazione alla produzione.Tutto il lavoro è puro Lenny al 100%. Ma può appagare tutti i suoi fan, e stupire chi ancora non dovesse conoscerlo.
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