"Pochi conoscono la nostra situazione: noi viviamo sottoterra, dove non c'è luce nè aria, dove quello che respiro io prima o poi riempirà anche i tuoi polmoni, dove quello che vedo io l'hanno già visto tutti...". Queste sono le tristi parole che mi sono sentito dire da una delle tante persone che occupano il sottosuolo pubblico perché non hanno altro luogo in cui stare. Poco importa se in effetti nessuno abbia mai pronunciato queste cose al di fuori della mia mente e nessun significato ha questionare se chi le ha pronunciate viva davvero oppure no. Siamo in tanti a stare in queste condizioni: la nostra mente si affolla di tormenti artistici a cui noi tentiamo in tutti i modi di dare forma (parole, musiche, disegni, dipinti, sculture, ecc.), ma purtroppo, comunque sia, continuiamo a vivere sottoterra. Siamo il popolo "underGround"."Nulla di quello che faccio vedrà forse mai la luce. Ma io continuo a farlo perché al fondo di un tunnel, forse, brilla sempre una stella". "Un giorno guardavo un film in cui un uomo vestito del nero più cupo che si può diceva: «Non può piovere per sempre». Credo avesse ragione". "A che serve protestare: noi lo facciamo sempre, perennemente. E' la nostra religione, l'unica droga che ci può far dimenticare per un attimo i nostri problemi. Però, purtroppo, non funziona!". "La vita qua sotto è un inferno, ma a me piace". "La forza con cui desideriamo la luce che non vediamo e l'aria fresca che non respiriamo è il nostro pane. La convinzione di essere qualcuno perché il nostro cervello macina continuamente idee, anche se queste non interessano a nessuno, è per noi l'acqua della vita. La terra che sta sopra le nostre teste è la nostra casa. Cosa vuoi di più?".Ciò che mi ha colpito maggiormente delle parole che ho sentito pronunciare da questi reietti, emarginati culturali per la loro "diversità", è la dignità con cui vivono in queste terribili condizioni di abbandono. La loro forza d'animo sarebbe sufficiente ad abbattere Stati ed eserciti ben armati, ma al posto di direzionarla contro qualcosa o qualcuno ne traggono la loro profonda ispirazione per poter continuare ad inseguire il loro sogno: essere ascoltati, presi seriamente in considerazione, considerati degni di attenzione. Pochi, a dire il vero, ce la faranno, e forse ancora di meno riusciranno a trasformare la loro attività artistica in una fonte di guadagno stabile, ma quello che conta è provarci. Il Morandi giovane di qualche tempo fa cantava "Uno su mille ce la fa" e, nonostante il Gianni nazionale non sia di certo uno degli ispiratori dei giovani che vivono nei sotterranei culturali di questa società, forse non aveva tutti i torti. Essere quell'uno su mille è il nostro unico obiettivo e la vita sotterranea è attualmente l'unica alternativa possibile all'oblio. Ci incontriamo e ci troviamo nelle nostre spaziose caverne per confrontarci e consolarci l'un l'altro, per darci una vicendevole mano o semplicemente per scambiare qualche parola con chi condivide il nostro stesso stato d'animo. "Noi viviamo sottoterra" e voi, che vi pasciate alla luce del Sole, nemmeno sapete che esistiamo.
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