La vita è un´impresa costante e nervosa. E´ un viaggio lungo lungo tra paesi sconfinati e porti senza finanza. E´ un senso in continuo camuffarsi.
Questo,
Maqroll il gabbiere lo sa bene. Viaggia per la stessa ragione del viaggio; sogna per la stessa ragione del sogno: sognare. E´ il gabbiere in continua meditazione tra la storia di San Francesco e il cielo specchio di mare che è l´immensità. Così pensa Maqroll; si angoscia in mulattiere disperse tra tempo e fortuna.
Muore e fa l´amore. Le sue tribolazioni sono continue, scontate, normali, necessarie, addirittura giuste. L´anima del gabbiere assomiglia così tanto alla nostra anima. Assomiglia al naso di Cirano e alle sue rime d´amore. Assomiglia alla disobbedienza di Ulisse e alla sua piccola statura. Diventa un gigante che non s´adatta e non riesce a muoversi in questo mondo a misura di piccoli. Ognuno ha dentro qualcosa come se stesso. Così noi: ci esasperiamo, caritiamo il nostro piano di fuga. Inevitabile è l´accorgersi che manca sempre un dettaglio, una prospettiva. Fuggiamo sempre noi stessi, abbiamo paura di morire, ci innamoriamo e abbiamo bisogno di un altrove. Come per il Colombo leopardiano viaggiare ha solo uno scopo: vivere. Come Maqroll siamo a chiedere un po´ di riposo, un giaciglio per snottare. Ogni nuova partenza è scontata e forzata, inquieta e sorprendente ogni nuova erranza, ma anche inevitabile e cercata senza un perché. Maqroll perde, non sa far altro. Cammina a lenti passi sconfitti come il "born loser" introverso spaurito gangster Noodles
(citazione filmica da "C´era una volta in America").
Il gabbiere si accosta alla memoria e ai sogni di fumatore d´oppio di Noodles. Maqroll parla poco, già lo sa come è fatto un futuro. E´ solo. E´ grande di coerenza da sconfitto, di vita, di esperienza. E´ un moribondo rinsavito, un pirata dalla coscienza pentita. E´ marinaio sempre alla fine di un viaggio, anche in ogni partenza, in ogni fuga, in ogni letto, in ogni arrivo... E come ogni marinaio alla fine di un viaggio è carico d´inquietante, affascinante, sintomatica dignità. E´ un uomo avvolto nel mistero e per questo è solo intorno. E´ libero e nello stesso tempo braccato. La vita è un solo imbarco, fatta di tanto mare e di tanti stretti. E´ un continuo cercare di vivere senza dolore. E´ una continua immensa sola traversata sventurata contro il tempo per "consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità"
(F. De Andrè, Smisurata preghiera).
La morte muore istintiva e cruenta: interminabile. Il resto rimane vita. Si comincia a morire presto e non si finisce mai. Solo la vita non è eterna. Tutto il resto dall´angoscia al sogno soffia d´eternità. Ma ogni calar della sera arriva come un docile vento e la giornata finisce. Maqroll è un´anima salva e sconfitta nei suoi diari, è uno sbandato che si ribella senza saperlo ai compromessi del vivere nuovo. Vive i suoi incubi e le sue follie; vive contrastato i suoi amori, le sue avventure, le sue imprese e tribolazioni; come noi parla e non reagisce. La sua morte ci rinfranca: è davvero un innocuo, scontato, triste bel morire. Maqroll il gabbiere è un uomo di mare e di vita ma è anche uno di noi. Si tocca nervosamente la faccia e passa lo stretto di Panama col suo carico: contrabbando di malinconica fermezza e stentata felicità. Come noi cerca di dare un senso alle cose e lo investiga. Forse lo trova, se ne accorge e lo tiene per sé: il senso ha la figura, il passo e l´ombra del suo errare alla deriva. Incombono su di lui le nostre stesse imprese, il nostro lento vagabondo tribolare. E´ un esempio del vivere umano: uomo di destino. E´ come noi (mi ripeto): uomo in ridicolo, inventore d´oro, contadino e navigante in libertà. Esperto traversatore di terre, mari, cordigliere e frontiere e noi traversatori improvvisati di millenni.
(riflessione liberamente tratta da Alvaro Mutis, `Saga di Maqroll il gabbiere´, Edizione Einaudi Torino, che comprende i romanzi "La Neve dell´Ammiraglio", "Ilona arriva con la pioggia", "Un bel morire"; nella "Collezione di poesia", la "Summa di Maqroll il Gabbiere")
Rubrica di Albano Ricci, inviato da
www.latalante.it
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