Jonathan Clancy è probabilmente il portabandiera italiano della nostra musica indie nel mondo. Anche se canta in inglese. Già mente di band come
"A Classic Education" e
"Settlefish" nel 2013 arriva il debutto dalla lunga distanza con l'ultimo suo progetto
His Clancyness e l'album
"Vicious" rappresenta senza dubbio uno dei lavori più interessanti del panorama italiano. Il disco è uscito per l'etichetta FatCat Records tra le più prestigiose nel panorama della musica alternativa internazionale. La nostra intervista ci spiega meglio chi è Jonathan Clancy e il suo nuovo gruppo. Ma c'è anche molto altro!
Jonathan ci racconti un po'della tua vita? Le tue origini canadesi, i primi approcci alla musica, l'infanzia e il tuo background culturale che ti ha permesso di produrre con creatività la tua musica.
Sono nato in Canada e dalla tarda adolescenza mi sono trasferito fisso in Italia. In casa parlavamo inglese e tramite mia mamma sin da piccolo ho sempre ascoltato i “classici” rock: Stones, Van Morrison, Neil Young... Ho avuto la fortuna molto giovane di entrare in contatto con amici o persone più grandi che ascoltavano quella che al tempo era la musica noise, indie, punk. Parlo di band come Sonic Youth, Guided By Voices, Pavement, Fugazi, June of 44 e da lì non ho mai smesso di essere ossessionato completamente dalla musica e dalla storia del rock and roll in tutte le sue forme.
"Vicious" è un disco molto variegato. La cosa che più mi ha colpito è la coesione e la solidità del progetto. E' un album tutto da sentire. Come sono nate le canzoni? Molte le avevi già scritte in passato?
E’ nato dopo un tour lunghissimo di due mesi con l’altra mia band "A Classic Education" in America. Appena tornato, avevo immagazzinato talmente tante immagini dai viaggi, atmosfere e idee in testa che in quattro mesi, da aprile a luglio, ho scritto 14 canzoni, 12 delle quali sono poi finite dentro "Vicious". In furgone avevamo molto tempo per pensare nelle lunghe guidate, e avevo tempo di perdermi e di immaginarmi il disco, le canzoni. Spesso a me serve un momento così per fare qualcosa. Le canzoni sono tutte state scritte in quei 4 mesi ed è la prima volta che mi capita, infatti le sento come canzoni per un album e non canzoni sparse come era stato in passato "His Clancyness".
C'è un'atmosfera notturna che tocca un po' tutto il disco. E poi si sentono molte influenze, non solo musicali, mi vengono in mente anche molti film e narrativa americana. Cosa avevi in mente quando hai creato l'album?
Sono contento che si percepisca questa atmosfera, mi piacciono molto i dischi pop cupi, notturni e un po’ scuri. Direi che la maggior parte delle influenze deriva quasi sempre dalla fotografia. Giulia (musicista della band ndr
) è una fotografa e mi passa spesso tantissimi input. Per questo disco e anche l’artwork mi sono ispirato direttamente ai lavori di Guy Bourdin. Non so, mi piaceva moltissimo l’atmosfera di solitudine e disagio.
Ci presenti anche gli altri componenti della band che hanno contribuito alla realizzazione di "Vicious"?
Sul disco hanno suonato Jacopo Borazzo e Paul Pieretto. Già ai tempi facevano parte della live band e sono amici da una vita. Jacopo da quando con la sua band Disco Drive si facevano date assieme, Paul invece ha praticamente suonato con me in tutti i gruppi. Jacopo è il batterista di His Clancyness, oltre a curarci le date in Italia, Paul ha suonato il basso e alcuni synth. Giulia Mazza invece ha suonato alcuni synth e anche lei fa parte del gruppo dal vivo. Recentemente al basso nei concerti abbiamo avuto la fortuna di avere Emanuela Drei mentre da poco lo sta suonando Nico Pasquini. Insomma siamo io, Jacopo, Giulia e Nico al momento. Adesso stiamo lavorando assieme a cose nuove!
Parlaci un po' di Detroit città dove è stato registrato l'album. Quanta influenza ha avuto nel mood del disco? E come è stato lavorare con il produttore Chris Koltay?
E’ difficile raccontare la magia di una città del genere in poche righe. Diciamo che Chris oltre a registrare benissimo è stato incredibile proprio nel farci vivere, scoprire e conoscere al meglio la città. Sin dal primo giorno ci ha spronato ad uscire nelle ore morte dallo studio e girare questa città completamente surreale. Per quanto riguarda il disco, praticamente era già prodotto, lui è stato bravo nel metterci a nostro agio ed a registrarci esattamente come volevamo.
E' vero che "Avenue" è dedicata a Bologna? Quanto è forte il legame con la città? Culturalmente e artisticamente è sempre all'avanguardia in Italia?
Sì in qualche modo si, in realtà è stata scritta il giorno del terremoto in Emilia. Bologna è la mia città da tanti anni e ovviamente c’è un rapporto di amore/odio, che però recentemente è quasi solo amore. E' in piena rinascita mi sembra, ci sono tantissimi locali, vita, mi sembra tornata a come era tanti anni fa.
Come è nato l'interessamento della Fat Cat Records?
Follia pura, ad un nostro concerto di spalla ai Lotus Plaza a Londra c’era uno stagista di FatCat, ci ha sentito e poche settimane dopo ci ha scritto l’etichetta. Veramente fortunati!
Nei ringraziamenti dentro all'artwork citi anche i Deerhunter e i Lotus Plaza. In effetti, soprattutto per le chitarre, ci sento un po' del loro sound.
Sì sono band che abbiamo conosciuto in tour visto che abbiamo fatto da spalla per alcune date. Niente da dire, penso siano tra le band moderne più interessanti ma come ce ne sono anche altre. Poi condividiamo molte passioni musicali per i gruppi di una volta.
Come è andato il tour con i Maximo Park e l'accoglienza in Europa in generale? Più facile e gratificante rispetto all'Italia?
Super, forse uno dei tour più belli che abbiamo mai fatto. Più che altro mi piace molto suonare di spalla a queste band più grosse che magari non c’entrano neanche troppo con quello che facciamo noi. Non c’è pressione, sali nel locale pieno e provi a convincere le persone ad ascoltarti. E’ sempre una bella sfida. Comunque anche in Italia ci sono bellissime situazioni gratificanti.
"Settlefish" e "A Classic Education". Due band tra le più interessanti del panorama italiano dove sei stato protagonista con la tua voce. C'è qualche nuovo progetto legato a questi gruppi? Dischi, live...
Al momento direi di no, ma non si sa mai!
Il disco della vita? Dai, un titolo...
Difficilissimo, al momento sto riascoltando moltissimo un disco che era una fissa completa nel 2009/2010, si tratta dell’album di Chris Bell “I Am The Cosmos”, era uno dei fondatori dei Big Star.
Luca Stefanucci
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