Tra i dischi da tenere in conto nella classifica di fine anno c'è sicuramente Bright White Light dei torinesi Drink To Me. La band ha compiuto un ulteriore passo in avanti nella propria carriera e, nonostante la definizione sia abusata, ha dato alla luce il famoso "disco della maturità". Ecco l'intervista a Marco Bianchi con un intervento di Francesco Serasso sull'ultimo disco di Leonard Cohen! Buona lettura...
Prima domanda a Marco: come ci si trova a passare da Drink To Me a Cosmo e viceversa? I progetti stanno diventando sempre più importanti, come riesci a gestirli? E su cosa ti concentri quando ti trovi a lavorare sull’uno o sull’altro?
Diciamo che hanno bisogno uno dell'altro. Il modus operandi è diverso, Cosmo è una cosa più intima, completamente mia; nei Drink to me ho un ruolo centrale ma siamo comunque un gruppo in cui ognuno mette qualcosa. In entrambi, però, mi concentro soprattutto sul sound, prima che sulle parole. Per gestirli mi basta alternarli. Durante il tour di uno dei due progetti scrivo il disco per l'altro progetto. Poi finito il tour di un progetto inizio quello dell'altro... Aiuto! Non so quanto andrò avanti così!
Cosa deve aspettarsi chi ancora non ha sentito il nuovo album Bright White Light? Rispetto al precedente disco avete deciso di puntare sulla continuità o sul rinnovamento?
Sul rinnovamento. La continuità è qualcosa che viene spontaneamente, il rinnovamento è un'esigenza che invece va coccolata maggiormente. Questo per evitare di fare dischi tutti uguali (il nostro incubo).
L’elettronica è parte fondamentale del vostro sound. Qual è il rapporto che avete con la tecnologia? E come vi approciate ad essa al momento di comporre le canzoni? Per Bright White Light avete arricchito la vostra strumentazione?
Ormai il sound si evolve insieme alla capacità di sfruttare i nostri strumenti, o alla possibilità di acquistarne di nuovi. Direi che siamo sempre più nerd, pur mantenendo un approccio naif e istintivo. La cosa che non vogliamo fare è di liquidare le emozioni dalla nostra musica. In BWL abbiamo acquisito il synth modulare di Pierre, e questo ci ha spinto ad usare arpeggiatori e basi programmate, cosa che in passato non esisteva quasi.
Ci sono novità per il vostro nuovo tour?
Molta più cassa dritta, sfumature techno e ambient... e canzoni che si attaccano una all'altra senza soluzione di continuità!
Se i Drink To Me fossero nati a Londra adesso...dove sarebbero?
A Londra.
Cosa ne pensate del mercato attuale musicale? Si è parlato molto degli album di U2, Thom Yorke e poi c’è chi come Prince fa uscire due dischi diversi in un giorno solo...
Pensiamo che sia cambiato, ovviamente. Lo streaming ha sempre più un ruolo chiave, ma non sempre positivo. Nell'enorme disponibilità di musica si finisce per perdere l'attenzione nell'ascolto. Peccato. Le vendite calano, l'attenzione cala... Secondo me siamo in una fase di transizione, sicuramente le cose tra qualche anno cambieranno. Non so come ma cambieranno.
Ho letto che sei un fan di Leonard Cohen. Ti è piaciuto l’ultimo album? A me è sembrato molto più innovativo di tanti cantautori dell’ultima generazione...
Francesco: Sì, ascolto quell’album praticamente ogni giorno. Ma questo perché ho un rapporto un po’ ossessivo con i dischi di Cohen. Lo trovo davvero bello, più ispirato del precedente che pure conteneva un paio di gemme. Non credo però che lo definirei innovativo… Ci sono arrangiamenti moto curati, piccoli dettagli in brani altrimenti molto scarni, voce in primissimo piano, giri di basso densi e portanti - come ai tempi di "The Future" o "First We Take Manhattan" - cori femminili suadenti e un velo di country. Tutti elementi distribuiti qua e là nella discografia del vecchio poeta. Il disco è prodotto da un produttore pop mainstream di primissimo livello. Non ci sono sorprese insomma. I cantautori dell’ultima generazione sono tanti, dipende a chi ti riferisci. Credo che Cohen sia inarrivabile nel genere canzoni-poesia-sorrisi-amari. Ma il suo è stato un percorso lunghissimo, dal folk chitarra e voce al synth pop anni ’80, le sue canzoni hanno giocato con stili diversi… Comunque no, secondo me il punto non è l’innovazione, è il carisma.
Domanda personale: esiste ancora per te il rito di attendere un album per mesi e andarlo ad acquistare dal negoziante di dischi di fiducia?
Mi sa di no...E parlo a nome di tutti i DTM.
Luca Stefanucci
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