A volte capita di parlare di album che chiunque sarebbe in grado di recensire, tanto è chiaro l'intento degli artisti coinvolti nel progetto, le loro idee in fatto di musica, la direzione musicale che ha assunto la loro carriera e le canzoni che hanno scritto in passato
(chi ha detto AC/DC?). Altre volte ci ritroviamo di fronte a capitoli discografici che ci stupiscono per le idee e gli ambiti musicali esplorati, per i temi trattati e per la complessità dei brani in esi proposti.
Possono senza dubbio annoverare
Humanomalies dei nostrani Death SS fra questi ultimi dischi.
Facendo un passo indietro, è obbligatorio ricordare che il gruppo in questione rappresenta uno dei capostipiti del metal di casa nostra: Steve Sylvester e (variabili) soci si muovono infatti nell'ambito di questo genere da circa venticinque anni: è dal 76-77 infatti che questo personaggio si esprime musicalmente prestando la sua voce e la sua ineguagliabile presenza scenica ad uno dei progetti più apprezzati e perché no, imitati di tutta la scena europea.
I Death SS
(acronimo per In Death Of Steve Sylvester, onde fugare sin da subito ogni rimando alle squadre naziste), ed il loro leader, hanno portato avanti le loro idee basate sull'oscuro, sulla magia nera, sull'occultismo, sulle credenze pagane ed animiste, sulla letteratura horror inglese e mitteleuropea, sull'esplorazione dell'inconscio umano, sul timore sul dubbio e sulla difficoltà di credere in ciò che i nostri occhi vedono, che i nostri sensi avvertono, sulla falsità della superiorità dell'uomo su ciò che ci circonda, sul rifiuto delle costrizioni che la società impone (il Do What You Wilt di Crowley-ana memoria), e su ogni altro genere di perversione che la mente distorta ed alienata di Steve è in grado di partorire.
Arrivati dopo anni di gavetta e fatiche underground al successo su larga scala con album seminali come Black Masses ed Heavy Demons, assicuratisi la fedeltà dei propri accanitissimi fans con concerti che arrivavano ad essere veri e propri sabba dove il Gran Sacerdote Sylvester impartiva anatemi e rivelazioni agli adepti del Culto Death SS, i nostri riuscivano ad uscire dai patri confini per assicurarsi un seguito ed una devozione anche oltralpe, catturando l'attenzione dei metal-heads tedeschi ed inglesi grazie ai loro testi pregni di una malsana concentrazione di tematiche occulte al limite del satanismo, sadiche e contorte a tal punto da essere prese a modello per tutta quella schiera di Black metal band nord-europee, quali Dimmu Borgir, Cradle Of Filth (il cui cantante Dani Filth si è sempre dichirato loro accanito estimatore) ed altri, ispirati nelle loro folli litanie dalle liriche estreme del Leader-Vampiro dei Death SS.
Anche su questo Humanomalies (Lp che completa una trilogia iniziata qualche anno fa con l'ottimo Do what You Wilt e proseguita nel 2000 con lo stupefacente Panic), vengono alla luce le perversioni e i modi di vedere questa nostra società malata e infetta di un individuo che mai ha avuto remore nel mettere a nudo le atrocità e lo schifo impregnato nel nostro modo di essere: se con Do What si poneva in attenzione la crudeltà dell'essere umano e in Panic la vera essenza dell'uomo, con Humanomalies si esprime tutto un campionario di assurdità, un sunto di contro-sensi e bestialità di cui la nostra società è oramai impregnata. Pain, la conturbante e diretta ?Mind Monstruosity??, l??insolito incedere a spirale della ballad The Sleep of Reason e tutte le altre donano al platter un'aura di languore, di lascività, di sensazioni ora disgustate ora sprezzanti. Attraverso un registro musicale fatto di lancinanti attacchi in doppia cassa e chitarre vicine agli attuali stilemi Nu-Metal, infarcititi di samples e loops elettronici in larga misura concepiti ed attuati dal grande Oleg Smirnoff (alle tastiere), Steve Sylvester può dichiarare ancora una volta dichiarare guerra al perbenismo ed alla mancanza di obbiettività che tutti siamo portati ad abbracciare, in favore di una lucida analisi sullo stato della human-condition.
E' senz'altro un percorso complicato e a tratti snervante quello che ci costringono a fare questi cinque musicisti, pieno di questioni contrastanti fra loro, temi profondi e spaventosamente palpabili e reali, seppur la volontà di noi tutti è quella di tenerli lontani, remoti dal nostro vivere, distanti: vorremmo fuggire da ciò che ci spara in faccia Steve, eppure la sua denuncia è reale. Il mondo in cui viviamo è solo una facciata, la verità è dietro il sipario di questo circo dell'assurdo. A condurci nel profondo dell'animo ci sono, oggi come venticinque anni fa, i Death SS.
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